Percorsi terapeutici personalizzati, centri prescrittori dedicati in ogni ASL, continuità tra servizi pediatrici e per adulti, coinvolgimento attivo di famiglie, scuole e servizi territoriali. Sono questi i pilastri delle nuove Linee di indirizzo sull’ADHD adottate dalla Regione Lazio, che puntano a una presa in carico completa e integrata delle persone con disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Il documento nasce da una collaborazione tra istituzioni, professionisti della salute mentale, associazioni e mondo scolastico. Un chiaro esempio di come un approccio condiviso possa tradursi in risposte concrete ai bisogni di bambini, adolescenti e adulti. Un traguardo importante, che fa della Regione Lazio un “laboratorio” di buone pratiche da cui potrebbe partire un progetto nazionale per garantire uniformità, efficacia e centralità della persona su tutto il territorio italiano.
Cosa prevedono le linee di indirizzo approvate dalla Regione Lazio e perché rappresentano un traguardo importante? Ne abbiamo parlato con Cristina Lemme, Presidente di ADHD Italia.
“Con la determina n. 292 dell’8 maggio 2025, pubblicata sul B.U.R. Lazio n. 38 del 13 maggio 2025, la Regione Lazio ha riconosciuto ufficialmente il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) come condizione che richiede una presa in carico territoriale”, spiega Lemme. “Cosa significa? Che le persone affette da ADHD, sia minori che adulti, potranno accedere a servizi specifici di prossimità. Ogni ASL dovrà organizzarsi in base alla propria popolazione residente, garantendo risposte appropriate e mirate al disturbo. In particolare, dovrà individuare un referente aziendale per l’età evolutiva e uno per l’età adulta, che supervisionino la governance del percorso clinico e favoriscano la collaborazione tra i servizi. La Regione prevede, inoltre, la creazione di un tavolo di monitoraggio per l’attuazione delle linee di indirizzo. Per la prima volta in Italia si supera la barriera dell’età, riconoscendo agli adulti con ADHD il diritto a cure e a una presa in carico strutturata. Si tratta di un passo fondamentale verso l’uniformità e l’equità delle cure sul territorio laziale, rendendo la regione pioniera in ambito di salute mentale. Una decisione che rappresenta un traguardo importante, perché apre nuove prospettive di assistenza e tutela dei diritti di tutte le fasce di età, contribuendo a ridurre il gap esistente tra le esigenze di bambini e adulti”.
Come si inquadra clinicamente l’ADHD?
“Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) è un disturbo neurobiologico a decorso cronico, caratterizzato da sintomi di disattenzione, iperattività e impulsività, accompagnati da difficoltà nell’autoregolazione cognitiva ed emotiva. La prevalenza in età evolutiva si attesta tra il 5,9% e il 7%, con un rapporto maschi/femmine di circa 2:1. Studi genetici e sui gemelli hanno evidenziato che l’ADHD condivide componenti di rischio genetico e ambientale con altri disturbi del neurosviluppo, come l’autismo e la disabilità intellettiva, nonché con disturbi psichiatrici come depressione, ansia, schizofrenia, disturbi da uso di sostanze e disturbi alimentari. Sono state identificate anche specifiche varianti genetiche associate all’ADHD. Si distingue tra i disturbi del neurosviluppo per la sua elevata prevalenza e per la sua capacità di favorire l’insorgenza di altri disturbi comportamentali e psichiatrici e di dipendenze. Le persone con diagnosi di ADHD presentano un rischio elevato di fallimento scolastico, comportamenti antisociali, disturbi d’ansia e dell’umore, abuso di sostanze, lesioni accidentali e, nei casi più gravi, di morte prematura, inclusi tentativi e suicidi. Si stima che il rischio di suicidio sia circa sei volte superiore rispetto alla popolazione generale. L’ADHD agisce come un moltiplicatore di rischi psicopatologici, influenzando negativamente le traiettorie di sviluppo e la qualità della vita di bambini e famiglie. La qualità della vita di chi ne è affetto può essere paragonabile a quella di persone con paralisi cerebrale infantile o tumore. Secondo il DSM-5, interessa circa il 5% dei bambini in età evolutiva e, nella maggior parte dei casi, persiste anche in età adulta, coinvolgendo circa il 2,5% della popolazione adulta. In termini numerici, in Italia, su circa 4,5 milioni di bambini, si stima che circa 270.000 siano affetti da ADHD, di cui una percentuale grave; inoltre, si calcola che circa 1.5 milioni di adulti siano portatori della condizione, con un impatto significativo sulle famiglie”.
Qual è l’iter diagnostico e terapeutico per chi ha l’ADHD?
“Per l’età evolutiva il percorso prevede: una valutazione clinica multidisciplinare, comprensiva di anamnesi, osservazione comportamentale e strumenti diagnostici validati e previsti dalle linee guida di riferimento; il coinvolgimento di neuropsichiatra infantile, psicologo, pedagogista e, se necessario, altri professionisti; un approccio terapeutico integrato (interventi comportamentali, educativi e, in alcuni casi, terapia farmacologica); un monitoraggio periodico dei risultati e adattamento del piano di trattamento. Infine, parent training per la famiglia e teacher training per i docenti. Nell’età adulta, invece: una valutazione clinica approfondita, con strumenti specifici per adulti (ad esempio DIVA V); un trattamento farmacologico, se indicato, e interventi psicoterapeutici di tipo cognitivo-comportamentale. Si prevede poi il supporto e/o gruppi psicoeducativi, coaching per gli adulti e la collaborazione tra specialisti e servizi territoriali per un percorso personalizzato e continuativo”.
L’ADHD dà diritto all’indennità di frequenza e alla certificazione ex Legge 104?
“Sì, l’ADHD può dare diritto all’indennità di frequenza e alla certificazione di handicap ex Legge 104, ma ciò dipende dalla gravità del disturbo e dalla presenza di comorbidità. La certificazione è rilasciata quando il disturbo compromette significativamente le capacità di apprendimento, socializzazione o autonomia, e può comportare benefici come l’inserimento con sostegno scolastico, agevolazioni nelle pratiche burocratiche e un supporto economico per le terapie. È importante sottolineare che le terapie farmacologiche e non farmacologiche rappresentano elementi fondamentali del percorso di cura, e il riconoscimento di handicap può facilitare l’accesso a servizi e agevolazioni, anche se ancora oggi le terapie non farmacologiche, su quasi tutto il territorio italiano non sono erogate dal Servizio Sanitario Nazionale e richiedono l’intervento economico da parte delle famiglie”.
Quali sono le difficoltà maggiori per bambini e ragazzi con ADHD?
“Direi difficoltà di concentrazione e attenzione, problemi comportamentali e impulsività, frustrazione e bassa autostima, difficoltà nelle relazioni sociali e nel rendimento scolastico, risultati spesso insoddisfacenti senza un supporto adeguato”.
Quali sono gli obiettivi della vostra associazione?
“L’obiettivo principale è che sia emanato un documento nazionale che regolamenti la presa in carico dell’ADHD, basato su evidenze scientifiche, coinvolgendo tutti i livelli di assistenza: sanità, scuola, lavoro e welfare. Si mira a garantire un percorso condiviso, uniforme e accessibile su tutto il territorio nazionale, affinché le persone con ADHD ricevano le cure e le attenzioni adeguate, senza discriminazioni o disparità di trattamento”.
Fonte: https://www.osservatoriomalattierare.it/news/attualita/22052-adhd-un-nuovo-modello-di-presa-in-carico-il-caso-virtuoso-della-regione-lazio
Recapiti
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