Epilessia: la terapia genica per controllare le crisi

Il nuovo studio a firma degli esperti del San Raffaele

Un nuovo studio condotto all’IRCCS Ospedale San Raffaele apre nuove prospettive per il trattamento dell’epilessia, una delle più comuni malattie neurologiche che colpisce 50-60 milioni di persone, circa l’1% della popolazione mondiale.

L’epilessia e le sue sfide

L’epilessia è una malattia neurologica cronica che si manifesta attraverso crisi epilettiche ricorrenti. Queste ultime sono causate da una scarica elettrica anomala e sincrona dei neuroni nel cervello che interrompe temporaneamente la normale attività cerebrale. Le crisi epilettiche possono variare notevolmente per intensità e forma: alcune si manifestano come brevi periodi di assenza o perdita di coscienza, altre come convulsioni violente e incontrollabili.

Nonostante le diverse terapie disponibili, come l’uso di farmaci e la chirurgia in casi estremi, circa il 30% dei pazienti epilettici non riesce a controllare completamente le crisi. Questo gruppo di pazienti, che soffre di epilessia resistente ai farmaci, affronta crisi frequenti e imprevedibili che compromettono seriamente la loro qualità di vita.

“I farmaci oggi disponibili riescono a controllare le crisi epilettiche solo in una parte della popolazione, mentre un numero considerevole di pazienti resta senza una soluzione adeguata  – spiega il dottor Stefano Cattaneo, ricercatore dell’Unità di Terapia genica delle Malattie Neurodegenerative e co-primo autore dello studio  -. Da qui nasce la necessità di trovare nuovi approcci terapeutici per migliorare la qualità della vita dei pazienti”.

Le crisi epilettiche non sono solo pericolose per il loro potenziale impatto fisico, come cadute e lesioni, ma intaccano anche le capacità cognitive, la memoria e le funzioni psicologiche.

“Inoltre  – aggiunge la professoressa Flavia Valtorta, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e group leader dell’Unità di Neuropsicofarmacologia -, la stigmatizzazione sociale legata alla malattia favorisce la depressione e l’isolamento dei pazienti, ed è per questo urgente riuscire a trovare una soluzione per chi ancora è soggetto a crisi incontrollabili”.

Un nuovo approccio per un trattamento più mirato

Lo studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista EMBO Reports, finanziato dalla Comunità Europea, ha sviluppato e testato su modelli murini un innovativo metodo di terapia genica che mira a risolvere questo problema, introducendo un meccanismo di autocontrollo che attiva il trattamento solo durante le crisi epilettiche.

La novità di questa ricerca risiede, infatti, nella capacità della terapia genica di intervenire in modo mirato e autoregolato, superando uno dei principali limiti delle terapie precedenti: la mancanza di specificità.

Le terapie finora sviluppate per trattare l’epilessia, compresi i primi tentativi di terapia genica, si sono dimostrate efficaci nel ridurre l’attività elettrica anomala del cervello, ma agiscono in modo sostanzialmente indiscriminato, influenzando anche i neuroni sani e alterando così le normali funzioni cerebrali. Questo ha portato a effetti collaterali significativi, rendendo difficile trovare un equilibrio tra la riduzione delle crisi e il mantenimento della funzionalità cerebrale.

“La potenza è nulla senza controllo – sottolinea il professor Michele Simonato, group leader dell’Unità di Terapia genica delle Malattie Neurodegenerative, ordinario all’Università di Ferrara e coordinatore della ricerca -. Molte delle terapie oggi disponibili sono in grado di ridurre l’ipereccitabilità, ma lo fanno in modo troppo aggressivo, spegnendo anche l’attività normale del cervello. Il nostro approccio introduce invece un meccanismo di autocontrollo, attivando il trattamento solo durante le crisi epilettiche”.

La novità eccezionale di questo studio è l’introduzione di un vettore virale che trasporta i geni per la produzione di un neuropeptide (NPY) e del suo recettore (Y2) specificamente nei neuroni responsabili delle crisi epilettiche. Grazie a un meccanismo di autoregolazione basato sull’attività neuronale, questi geni entrano in funzione solo quando i neuroni diventano iperattivi. Durante una crisi epilettica, i neuroni rilasciano NPY, che attiva il recettore Y2, bloccando l’eccessiva attività elettrica e fermando la crisi.

“Questa capacità di autoregolazione è la vera novità – aggiunge il dottor Stefano Cattaneo -. Il nostro sistema agisce solo nei momenti di iperattività neuronale, senza interferire con le funzioni normali del cervello. È un trattamento che si adatta in modo dinamico alle necessità del paziente, riducendo le crisi senza alterare la vita quotidiana”.

Prospettive future

I prossimi passi del team di ricerca saranno concentrati sul cercare la conferma di questi risultati in ulteriori studi preclinici su modelli murini di epilessia, fondamentali per poter tradurre questa scoperta in una terapia applicabile alla clinica. Solo dopo aver ottenuto dati solidi su sicurezza ed efficacia, si potrà considerare la sperimentazione sull’uomo.

Il nostro obiettivo a lungo termine è portare questa terapia genica ai pazienti che attualmente non trovano sollievo nelle terapie tradizionali – spiega la dottoressa Barbara Bettegazzi, ricercatrice dell’Università Vita-Salute San Raffaele, project leader dell’Unità di Terapia genica delle Malattie Neurodegenerative e co-prima autrice dello studio -. In particolare, pensiamo ai pazienti con epilessia resistente ai farmaci, ma anche a quei pazienti inoperabili a causa dei rischi associati alla chirurgia, come il coinvolgimento di aree cerebrali delicate”.

Questa terapia genica potrebbe, in prospettiva, sostituire gli interventi chirurgici ablativi, offrendo una nuova speranza a una vasta popolazione di pazienti che fino a oggi ha dovuto convivere con crisi epilettiche incontrollabili.

 

Fonte: IRCCS Ospedale San Raffaele
Foto fornita da IRCCS Ospedale San Raffaele