Tutto sull’idrocele nei bambini

L’idrocele nei bambini è il rigonfiamento dello scroto che, nei primi 2 anni di vita nel bambino, rappresenta una condizione benigna. Si forma a causa di un accumulo di liquido intorno al testicolo ma, se persiste dopo il terzo anno di vita, sarà necessario l’intervento.

Ma quali sono le cause dell’idrocele e come viene trattata? Ne parliamo con la Dottoressa Arianna Lesma, responsabile della struttura semplice di Urologia Pediatrica presso l’Unità di Urologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal Professor Francesco Montorsi.

Cos’è l’idrocele nei bambini e come si manifesta

“L’idrocele è un termine che viene dal greco: ‘idro’ significa acqua/liquido, mentre ‘cele’ vuol dire raccolta. Pertanto, quando si ha un idrocele significa che c’è una raccolta di liquido intorno al testicolo – spiega la dott.ssa Lesma -.

L’idrocele può manifestarsi a qualunque età. Si può infatti distinguere tra:

  • idrocele comunicante, che interessa il neonato e il bambino in età infantile;
  • idrocele non comunicante, tipico nell’adolescente, nell’adulto o nell’anziano.

In genere, l’idrocele nel bambino non causa alcun tipo di dolore e non si sviluppano particolari sintomi”.

Cause dell’idrocele nel bambino

Le cause per cui si sviluppa l’idrocele risalgono a prima della nascita.

“I testicoli si formano in gravidanza nella pancia del bambino, molto in alto e vicino ai reni – prosegue l’urologa -. Durante i 9 mesi, il testicolo scende via via lungo tutto l’addome e il pancino del bambino, arrivando al livello dell’inguine, dove c’è la piega della gamba. Qui si trova una sorta di canale (canale inguinale) dove il testicolo entra e lo percorre fino all’uscita, fino a cadere nella sacchetta dello scroto.

Una volta che il testicolo è sceso nello scroto nella posizione definitiva, il canale di passaggio dovrebbe chiudersi completamente senza lasciare nessuna comunicazione tra lo scroto, il testicolo e l’addome. Ma se il canale non si chiude rimane una comunicazione tra l’addome e lo scroto, ecco perché si parla di idrocele comunicante. Questo canale si può chiudere spontaneamente entro i primi 3 anni di età.

Il liquido peritoneale

In pancia, oltre ai vari organi, è presente anche il liquido peritoneale che scivola giù se il canale è aperto e gonfia lo scroto.

Il liquido ha un andamento altalenante: se il bambino si ammala o ha la febbre/diarrea, essendo situazioni infiammatorie, il liquido in pancia aumenta e di conseguenza si vedrà aumentare anche il volume della sacchetta scrotale. Quando il bambino guarisce, anche la sacchetta dello scroto si sgonfia”.

Per l’idrocele, si aspetta la risoluzione spontanea fino ai 3 anni, oltre a questi, è molto difficile che il canale si chiude autonomamente. Lasciare il canale aperto, fa sì che ci sia il liquido che continua a scendere e salire.

Idrocele ed ernia

In aggiunta, la sua apertura può essere il rischio di sviluppo di un’ernia in quanto nel canale aperto possono inserirsi non solo il liquido, ma anche delle anse dell’intestino che, nel canale, è denominato ernia.

L’idrocele comunicante e l’ernia sono, infatti, 2 patologie cugine nei bambini perché entrambe si sviluppano a causa del canale aperto. Se nel canale passa solo il liquido è idrocele, se si infilano le anse sono ernie.

Diagnosi e trattamento dell’idrocele nel bambino

“Il bambino viene visitato dal pediatra e successivamente esegue una visita specialistica dall’urologo o chirurgo pediatrico – approfondisce la specialista -.

L’idrocele va operato perché può rappresentare il campanello d’allarme per lo sviluppo dell’ernia. L’intervento è denominato chiusura del dotto peritoneo-vaginale, dal nome del canale.

È un intervento che si esegue in anestesia generale e prevede una piccola incisione chirurgica all’inguine di 1 cm. Bisogna aspirare il liquido e chiudere con dei punti il canale. L’intervento ha una durata tra i 20 e 30 minuti e si gestisce con un ricovero in day surgery”.

Post-intervento e tempi di recupero

“Per quanto riguarda la ripresa delle attività quotidiane, in genere, si consiglia di rimanere a casa per 2/3 giorni – conclude la Lesma -.

Quando il bambino è più grande, è necessario evitare attività sportive per almeno 15 giorni ed evitare colpi. Se si volesse andare al mare o in piscina, è indicato attendere dai 20 giorni a 1 mese”.

 

Fonte: IRCCS Ospedale San Raffaele
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